#DANIEL BUREN, #MARK LECKEY, #MARCO BAGNOLI. Le tre nuove Mostre al Museo MADRE di Napoli

di Antonio Cocchia

Inaugurata la nuova stagione espositiva autunnale al Museo MADRE di Napoli con tre nuove mostre: Daniel Buren, Axer / Désaxer. Lavoro in situ, 2015, Madre, Napoli – #2, Mark Leckey, DESIDERATA (in media res), Marco Bagnoli, La Voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile.

(Daniel Buren)

(Daniel Buren)

(Mark Leckey)

(Mark Leckey)

(Marco Bagnoli, La Voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile)

(Marco Bagnoli, La Voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile)

Axer / Désaxer a cura di Andrea Viliani ed Eugenio Viola è il secondo dei due progetti in situ che sono stati appositamente commissionati dal Museo Madre all’artista francese Daniel Buren (Boulogne-Villancourt, 1938), per celebrare la relazione fra l’istituzione museale e la sua comunità, in occasione dei primi dieci anni di attività del Madre. È costituito da un intervento di dimensioni architettoniche concepito dall’artista appositamente per l’atrio di Palazzo Donnaregina: l’edificio del Museo, affacciato in modo obliquo rispetto alla via antistante, viene fatto “ruotare” dall’intervento dell’artista per rimettersi in asse verso l’antistante Via Settembrini, creando uno spazio in cui l’interno ed esterno, ovvero il museo e la sua comunità si compenetrano l’uno nell’altro, fino a confondersi fra loro. Il nuovo pavimento dell’ingresso è firmato dalle storiche strisce bianche e nere di 8,7 cm, qui in marmo, e le pareti presentano una colorazione vivace (gialli, blu, arancioni) che unitamente a superfici specchianti di grandi dimensioni provocano un impatto spiazzante e coinvolgente, una psichedelia cromatica che quasi restituisce la teatralità scenografica di alcuni vicoli napoletani. Axer / Désaxer e Come un gioco da bambini formano quindi una grande opera del maestro francese al piano terra del museo, una vera e propria celebrazione pubblica del museo, entrambi elementi integranti, e collaboranti, del concetto di opera in situ.

(Daniel Buren, Axer / Désaxer, 2015)

(Daniel Buren, Axer / Désaxer, 2015)

Oltre a quella di Buren, il Madre ospita al terzo piano la prima retrospettiva, nonché la prima mostra personale in un’istituzione pubblica italiana, dedicata a Mark Leckey (Birkenhead, 1964), DESIDERATA (in media res), uno dei più autorevoli artisti contemporanei, vincitore nel 2008 del prestigioso Turner Prize, promosso dalla TATE Britain di Londra, e del Central Art Award della Kölnischer Kunstverein di Colonia, a cura di Elena Filipovic e Andrea Viliani. La mostra presenta, accanto a nuove produzioni, un’ampia selezione di opere storiche realizzate nei diversi mezzi espressivi utilizzati dall’artista – scultura, installazione, opere e ambienti sonori, performance e video -, allestite in un percorso unitario concepito per gli spazi del museo come una serie progressiva di ambienti. A partire dalla sua indagine sul cosmo delle sottoculture musicali londinesi e della storia culturale britannica, per approdare all’esplorazione delle tecnologie digitali o dei brand e del loro impatto sulla nostra coscienza, l’artista analizza l’inestricabile articolazione fra cultura alta e cultura popolare, fisicità e virtualità, singolo e collettività, copia e originale, paura e desiderio. E allora, ad accogliere il visitatore, una versione in grandi dimensioni del popolare personaggio dei fumetti Felix the Cat, esposto sotto forma di pallone aerostatico (Inflatable Felix, 2013). Particolare, è il video Fiorucci Made Me Hardcore (1999), ode alla cultura musicale britannica, che rimane una delle opere più affascinanti e radicali degli ultimi decenni.

(Opere Mark Leckey)

(Opere Mark Leckey)

La Voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile di Marco Bagnoli (Empoli, 1949) è una delle opere che rientra nell’ambito del progetto L’ALBERO DELLA CUCCAGNA. Nutrimenti dell’arte, a cura di Achille Bonito Oliva. Si tratta di una scala a pioli che si sviluppa all’interno della sala collocata nel secondo cortile del museo fino a travalicarne il tetto, per espandersi nell’ambiente esterno. Appoggiata su un dispositivo luminoso, la voce emessa da un’ampolla si dilata in un riverbero sonoro che confluisce in un punto esterno alla stanza dove è disposto il Sonovasoro.

(Marco Bagnoli, La Voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile)

(Marco Bagnoli, La Voce. Nel giallo faremo una scala o due al bianco invisibile)

(Opera Marco Bagnoli esterno)

(Opera Marco Bagnoli esterno)

Ciro Vitale al Museo dello Sbarco e Salerno Capitale

di Antonio Cocchia

Sabato 3 ottobre è stata inaugurata presso il Museo dello Sbarco e Salerno Capitale (via Generale Clark 5) la mostra di Ciro Vitale “POLITTICO DELLE ATTESE. <<CAVALLI 8 UOMINI 40>>”, promossa dalla Fondazione Filiberto Menna e a cura di Antonello Tolve e Stefania Zuliani che hanno presentato l’evento insieme al Presidente della Fondazione Angelo Trimarco.

Come già accaduto per la personale di Tomaso Binga alias Bianca Pucciarelli Menna, che nel 27 settembre 2014 ha felicemente inaugurato con la mostra “Per gli involontari di guerra” il rapporto tra la Fondazione Menna e il Museo dello Sbarco, anche per la personale di Ciro Vitale, le opere che articolano il percorso espositivo prendono spunto dalla collezione del museo, facendone occasione di una riflessione critica sull’attualità. In particolare, fulcro dell’installazione site specific è il vagone ferroviario che si trova all’ingresso del museo, eloquente testimonianza della deportazione degli ebrei evocata anche dalla scritta <<cavalli 8 uomini 40>> che si legge, inquietante, sulla parete esterna del vagone stesso.

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(Ciro Vitale, Particolare Vagone Ferroviario, Installazione Site Specific)

L’artista mediante metafore e cortocircuiti temporali propone nel suo Polittico un itinerario visivo che, se da una parte evoca i drammi della storia, dall’altra richiama alla memoria alcune irrisolte problematiche del presente. Ad aprire la mostra salernitana è la proiezione di un video sulla colonizzazione (tema portante del progetto espositivo) all’interno di un cilindro di legno per invitare lo spettatore, mediante una fessura, a spiare la storia, a vivere un’esperienza intima e solitaria con i frammenti della memoria collettiva. Sull’ampia parete che divide l’ambiente unico del museo, tre dittici di piccole dimensioni offrono, poi, il prospetto digitale di alcuni spaccati politico-economici (distributori di carburante, voli di linea aerea e consumo di energia elettrica) e invitano a riflettere sul dissolvimento delle risorse naturali nelle società contemporanee.

epilogo

(Ciro Vitale, Epilogo)

geografie

(Ciro Vitale, Geografie dell’opulenza)

Realizzata nell’ambiente compresso del vagone ferroviario piombato (utilizzato dai nazisti per deportare gli ebrei italiani nei campi di concentramento) collocato all’esterno del museo, accanto a un carro armato M4 Sherman e a una Jeep Willys, una proiezione marina – grazie al rumore prodotto da un treno in movimento che finge il verso delle onde del mare – stimola lo spettatore a vivere un’esperienza esclusivamente evocativa, a entrare in comunicazione con il messaggio dell’opera e a costruire un percorso personale e passionale sulla memoria del passato e sul libro del presente.

abisso

(Ciro Vitale, Abisso)